European Consumers Aps aveva paventato già nel 2019 come gli ingenti fondi regionali stanziati per il fiume Velino, uno dei pochi fiumi laziali ancora in discrete condizioni ambientali, potessero essere utilizzati per artificializzare le sponde, tagliare la vegetazione arborea e distruggere la vegetazione acquatica.
Visti i contenuti del Piano di Gestione Rischio Alluvioni 2021 European Consumers Aps ha successivamente lamentato l’incapacità di riconoscere l’importanza naturalistica dei fiumi a fronte della possibilità di sprecare risorse pubbliche a favore dell’artificializzazione a scopo “precauzionale” e lanciando l’allarme per un aumento del rischio di esondazione causato proprio dell’artificializzazione delle sponde fluviali.
Purtroppo questa preoccupazione è stata confermata nel peggiore dei modi nel territorio del Reatino. In spregio alle Normative nazionali e comunitarie a tutela dell’ambiente nella Zona Speciale di Conservazione IT6020012 Piana di S. Vittorino – Sorgenti del Peschiera un tratto di 3 chilometri del fiume Velino ha subito la completa distruzione della vegetazione riferibile ad habitat di interesse comunitario.
Quello che European Consumers ha previsto come conseguenza, anche sulla base dell’esperienza di passati interventi distruttivi e dei conseguenti peggioramenti dei fenomeni di alluvione, si è puntualmente verificato: questi giorni il Velino ha straripato allagando vaste zone agricole della Piana Reatina presso Chiesa Nuova, Colle Aluffi e tra Terria e Montisola e nella piana di San Vittorino. In particolare proprio nel Comune di Contigliano dove lo scorso anno la regione ha eradicato centinaia di alberi dagli argini del fiume Velino a valle di Rieti.
Questi eventi, a scadenza quasi annuale, confermano che l’unico modo sostenibile di gestione dei corsi d’acqua è favorire la naturalizzazione di sponde e aree golenali. Un buono stato delle foreste ripariali e il rispetto degli ambiti di esondazione sono gli unici metodi efficaci ed economici per la stabilizzazione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua. I boschi ripariali sono habitat di interesse comunitario e dovrebbe essere cura e vanto delle amministrazioni e comunità locali considerarli elementi di pregio, fondamentali per la creazione di reti ecologiche efficienti e per la lotta all’erosione che contribuisce notevolmente all’intensificazione dei fenomeni alluvionali.
La vegetazione, sia spondale che sommersa, contribuisce all’assorbimento di sostanze tossiche sversati nei corsi d’acqua e mitiga i fenomeni climatici oltre a favorire la biodiversità, offrendo nicchie ad animali spesso in via di estinzione proprio a causa dell’artificializzazione e distruzione degli habitat ripariali.
Ma in Italia i finanziamenti provenienti dallo Stato, dalle Regioni o dalla UE per la messa in sicurezza dalle alluvioni non è stata utilizzata per interventi extra-alveali di derivazione o creazione di riserve idriche, ma per disboscare e artificializzare le sponde, favorendo unicamente interessi economici locali.
Queste operazioni condannano l’ecosistema fiume alla banalizzazione, sono condotte con macchinari altamente invasivi quali escavatori pesanti, e sono condotte in maniera ripetuta e generalizzata anche nel pieno della stagione riproduttiva della fauna selvatica.
L’utilizzo dei macchinari comporta l’amminutamento dei rifiuti e dei materiali plastici spesso abbandonati lungo le rive in notevoli quantità, amplificandone l’impatto negativo sugli ecosistemi. Il risultato è un aumento del degrado e del rischio, come accade inevitabilmente quando l’uomo compete con la Natura, invece di comprenderla e accettare i limiti che essa impone a livello di gestione.
Già in passato gli interventi dell’Ardis (Agenzia Regionale per la Difesa del Suolo) effettuati sul tratto del fiume Velino tra Caporio e Casette (denominato Fiume Morto) hanno causato la distruzione della vegetazione di sponda e l’innalzamento di circa 5 metri dell’argine fluviale nel tratto a valle del Comune di Cittaducale, per circa 10 chilometri. L’innalzamento delle sponde è stato effettuato nonostante, a causa delle derivazioni, questo tratto di fiume in estate sia praticamente privo d’acqua, quasi completamente derivata dal canale artificiale costruito dall’Enel, per condurre l’acqua fino al Velino a Casette.
Tali interventi hanno violato la Direttiva 2000/60/CE per quanto riguarda il Minimo Deflusso Ecologico determinando la destabilizzazione del sistema spondale.
I lavori effettuati dall’Ardis, su richiesta anche degli agricoltori e di Erg (Centrale Idroelettrica di Cotilia, a Cittaducale), causando disarticolazione del sistema ecologico-ripariale, hanno aumentato il rischio di dissesto idrogeologico, dilavamento dei terreni ed esondazioni con perdite dei raccolti e diminuzione della produzione a sfavore dello stesso comparto agricolo, che sarebbe avvantaggiato da una gestione naturalistica del territorio.
La causa del disastro va, in particolare, ricercata nelle modifiche peggiorative delle norme ambientali effettuate con la scusa dell’emergenza. In base alle modifiche apportate all’art. 9 del D.Lgs. 49/2010 dalla Legge 97/2013 era stata inserita la verifica di assoggettabilità alla VAS (valutazione ambientale strategica) del Piano di Gestione Rischio Alluvioni. Il ruolo di autorità proponente era svolto dall’Autorità di Bacino Nazionale con ruolo di coordinamento a livello di Distretto Idrografico in virtù dell’art. 4 del D.Lgs. 219/2010.
Il D.L. 91/2014, ha disposto l’esclusione dalla verifica di assoggettabilità alla VAS dei piani di gestione del rischio di alluvioni, lasciandone la competenza alle regioni e al Dipartimento nazionale della protezione civile.
Secondo la normativa tutti i piani che hanno un potenziale impatto ambientale devono essere sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) Nazionale, per garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali nei Piani, in modo che contribuiscano allo uno sviluppo sostenibile.
La Direttiva 2007/60/CE, attuata in Italia dal D. Lgs. 49/2010, con la finalità di istituire un quadro di riferimento per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni, ha tra i suoi scopi la riduzione delle potenziali conseguenze negative delle alluvioni anche sull’ambiente e sul patrimonio culturale. La Direttiva 2007/60/CE prevede, inoltre, il coinvolgimento pubblico, attraverso idonei strumenti di informazione e consultazione.
Evidentemente si è approfittato delle “norme di sicurezza per la popolazione” per far diventare i biotopi ripariali vittime oltre che della pessima gestione del territorio anche di interessi che vedono l’ambiente come utile alla creazione di economia speculativa e non di qualità ecologica e sostenibilità.
Altresì è doveroso evitare qualsiasi uso improprio delle aree golenali. Anche nel fiume Velino paradossalmente spesso i peggiori danni ambientali sono stati perpetrati proprio per mettere in sicurezza infrastrutture e aree produttive costruite in modo irrazionale in zone di esondazione da lasciare, per quanto possibile, in condizioni naturali e prossimo-naturali.
La sola politica fluviale sostenibile e scientifica per tutti i fiumi deve riportare la gestione su un piano tecnico-scientifico garantendo la tutela degli ecosistemi e una corretta gestione naturalistica del rischio di alluvioni. Per questo qualsiasi attività deve prevedere la realizzazione di studi sulla vulnerabilità ecologica e faunistica del reticolo prima di essere effettuato.
Inoltre è necessario prevedere in via ordinaria l’allargamento delle fasce alberate, sia per motivazioni di riqualificazione ecologica sia per adeguarle ai mutamenti dei regimi di piovosità indotti dai cambiamenti climatici e garantire l’uso sostenibile dei sistemi idrici (acqua, sedimenti, biota), attraverso una pianificazione integrata che preveda l’armonizzazione delle attività antropiche alla loro riqualificazione ecologica.
Tali obiettivi sono del tutto in linea con la Strategia Nazionale per la Biodiversità (2010) che afferma come obiettivi specifici da conseguire entro il 2020 (e quindi miseramente falliti a quanto è dato vedere) la protezione di tutti gli ecosistemi delle acque interne a scala di bacino idrografico, contrastando il degrado e la perdita di biodiversità e promuovendone il ripristino, per garantirne vitalità e funzionalità e la produzione dei servizi ecosistemici che da essi derivano, principalmente per l’alimentazione e il rifornimento idrico ma anche per la loro capacità di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.
Inoltre è necessario garantire l’integrazione delle esigenze di conservazione della biodiversità degli ecosistemi delle acque interne e dei relativi servizi ecosistemici nelle politiche economiche e di settore, rafforzando la comprensione dei benefici derivanti e dei costi della loro perdita e migliorando la conoscenza dello stato complessivo dei sistemi acquatici, valutando gli effetti degli impatti derivanti dalle attività umane e dai cambiamenti climatici sui sistemi fisici e sui processi biologici.
La Strategia Nazionale per la Biodiversità, in contraddizione con l’artificializzazione dei corsi d’acqua, intende rafforzare la tutela degli ecosistemi acquatici riducendo in modo sostanziale gli impatti su di essi, diminuendo l’incidenza delle fonti di inquinamento puntuali e diffuse, degli effetti dell’inquinamento atmosferico e dell’ artificializzazione. Per quest’ultimo fattore prevede di ridurre gli interventi di regimazione ed alterazione dell’idromorfologia dei corsi d’acqua, ripristinando le connessioni dei corpi idrici e dei relativi ecosistemi, al fine di favorire le specie ittiche migratrici e le specie che utilizzano i corpi idrici e gli habitat associati per i loro spostamenti abituali;
Inoltre prevede di razionalizzare l’uso delle risorse idriche, attraverso la regolamentazione delle attività e delle procedure in ordine al regime concessorio del bene acqua e il controllo delle captazioni illecite e delle dispersioni dovute al malfunzionamento della rete di distribuzione, valutando, sulla base di un’analisi costi/benefici, la risorsa che, a scala di bacino, può essere utilizzata senza compromettere i servizi ecosistemici.
La Strategie intende, inoltre, promuovere attività di informazione sul valore della risorsa idrica, sul diritto di accesso, sulla necessità del risparmio idrico, della conservazione naturalistica dei corpi idrici, del recupero e ripristino delle zone umide degradate favorendo unicamente attività economiche che prevedano la corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle loro risorse.
In sinergia a tali contenuti l’Articolo 3 ter del Codice dell’ambiente prevede la tutela degli ecosistemi naturali da parte di tutti gli enti pubblici e privati, mentre l’art. 3 quater afferma che ogni attività umana giuridicamente rilevante deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile.
Tali principi sono stati immessi in costituzione attraverso l’articolo 9 che tutela biodiversità ed ecosistemi insieme ai paesaggi.
Sulla base di tali presupposti European Consumers partecipa, in sinergia con associazioni ambientaliste, ricercatori scientifici e gruppi di cittadini all’organizzazione di campagne per imporre agli enti gestori l’applicazione dei modelli gestionali eco-sostenibili di fatto previsti da Convenzioni, Strategie e Normative nazionali e internazionali.
Si intende, perciò, individuare gli enti gestori che applicano forme obsolete di gestione fluviale per intraprendere azioni legali contro chiunque, amministratore o privato, non intenda impegnarsi per la tutela della biodiversità dei corsi d’acqua favorendo il degrado ambientale e danni a cose e persone.
Per approfondfimenti si veda: https://www.europeanconsumers.it/2019/07/06/comunicato-stampa-soldi-per-il-fiume-velino-per-salvarlo-o-per-distruggerlo/; https://www.europeanconsumers.it/2019/08/28/european-consumers-lancia-lallarme-per-un-aumento-del-rischio-di-esondazione-del-velino-a-causa-dellartificializzazione-delle-sponde/; https://www.europeanconsumers.it/2022/03/07/desertificazione-del-fiume-velino-in-piena-area-protetta/
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