Amatriciana, a Configno ebbe inizio e da qui si riparte. Grazie alla tenacia dei non residenti della frazione di Configno, nasce un villaggio per tornare a vivere i luoghi simbolo di un territorio martoriato dal terremoto
È il luogo in cui è nata l’amatriciana e non poteva restare abbandonato. Così gli abitanti di Configno hanno restituito vita alla piccola frazione di Amatrice che è fra le prime a tornare (quasi) alla normalità dopo i terremoti del 2016. I proprietari delle case distrutte, quasi tutti residenti altrove, ma in molti casi nati e cresciuti nella frazione di Configno, si sono organizzati ottenendo concessioni e fondi da privati per la costruzione di un villaggio temporaneo composto da ventuno casette mobili, una “chiesa” con tanto di campanile, un punto ristoro, la sala comune e i bagni pubblici. Un modo anche per tornare a stare vicino al Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, unico museo della zona a non aver subito danni strutturali a causa dei sismi e ad essere stato sempre aperto e visitabile. È proprio lì, nel Museo di Configno, che è custodita tutta la sapienza del primo piatto di spaghetti con pomodoro, guanciale e pecorino, la famosa amatriciana che ha reso celebre, insieme alle bellezze naturalistiche del territorio, la cittadina del reatino.
Era l’estate del 1882 e, durante la festa patronale, il pomodoro venne aggiunto alla già conosciuta gricia, si legge sulla targa commemorativa all’interno del Museo: fu così, e soprattutto in quel luogo, che nacque uno dei piatti italiani più conosciuti e amati al mondo.
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