Rieti, Camera di Commercio: stagnazione delle imprese reatine

Ott 27, 2014 | Economia | 0 commenti

La situazione è ormai particolarmente preoccupante, siamo in piena stagnazione e questo rappresenta il peggior risultato degli ultimi anni. Anche l’autoimprenditorialità, che nei precedenti trimestri rappresentava una risposta al calo del lavoro dipendente, sta subendo una riduzione sensibile”. Con queste parole il presidente della Camera di Commercio di Rieti, Vincenzo Regnini, ha commentato i dati relativi all’analisi della natalità e mortalità delle imprese nel terzo trimestre 2014, diffusa oggi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione condotta da InfoCamere a partire dai dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.

Per quanto riguarda la provincia di Rieti, il tasso di crescita registrato è pari a +0,05%, inferiore al +0,27% registrato a livello nazionale, e corrisponde ad un saldo positivo di sole 8 imprese.
A livello nazionale, il bilancio demografico dei mesi estivi fra le imprese nate (72.833) e quelle che contemporaneamente hanno dichiarato la cessazione delle attività (56.382), termina con un saldo attivo pari a 16.451 unità, quasi 4mila unità in più rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Il tasso di crescita del periodo (+0,27%), però, è il risultato del più basso volume di iscrizioni rilevate nel terzo trimestre dell’anno dal 2005 e uno dei più contenuti volumi di cessazioni del decennio, superato solo nel 2010. Ma, come mostra l’analisi della natalità e mortalità delle imprese, continua la corsa al rialzo dei fallimenti e l’assottigliamento del tessuto artigiano. Sono oltre 10mila, infatti, i fallimenti registrati nei primi 9 mesi dell’anno, il 19% in più rispetto al dato – già elevato – dell’analogo periodo del 2013. Sul fronte artigiano, per il terzo trimestre consecutivo si registra un saldo negativo tra aperture e chiusure, dovuto soprattutto alla forte riduzione di iscrizioni (record negativo del decennio e oltre 1.000 unità in meno rispetto a quelle, già modeste, registrate nello stesso periodo del 2013).
Tutti i dati, come di consueto, sono disponibili online all’indirizzo www.infocamere.it

“I dati provenienti dal Registro delle imprese indicano il persistere di una fase di stagnazione che sta colpendo il nostro sistema produttivo frenando la spinta a fare impresa e facendo aumentare le attività economiche che portano i libri in Tribunale”, evidenzia il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Il tema chiave, per dare nuove gambe allo sviluppo, è creare le condizioni per far ripartire il mercato interno, dal cui rallentamento dipendono le sorti di tante nostre imprese, e sostenere il coraggio e le aspirazioni di tante persone, soprattutto giovani, che vorrebbero mettersi in proprio. Per questo, occorre puntare con decisione sulle politiche attive per il lavoro, per far sì che le energie imprenditoriali del Paese possano tradursi in nuove iniziative economiche: un ambito nel quale le Camere di commercio sono particolarmente impegnate, anche attraverso un Network di 87 Sportelli per il sostegno all’imprenditorialità giovanile su tutto il territorio nazionale. In poco più di 5 mesi dal loro battesimo, abbiamo già accolto quasi 4.700 giovani motivati ad aprire una nuova impresa, assicurando loro percorsi mirati di accompagnamento allo start-up”.

IL QUADRO GENERALE
I modesti risultati del terzo trimestre 2014 – positivi peraltro come in ogni terzo trimestre di ciascun anno – sono spiegati dal volume delle nuove iscrizioni che, con 72.833 unità (circa 792 nuove imprese al giorno, sabato e domenica inclusi), ha conosciuto il risultato peggiore degli ultimi dieci anni.

Gli effetti della crisi (riduzione delle iscrizioni e cresciuta incidenza delle cessazioni) non si distribuiscono però in modo casuale. Essi – quantomeno in termini di demografia delle imprese – hanno inciso quasi esclusivamente sulle imprese artigiane. A partire dal 2009, infatti, il contributo delle imprese artigiane al flusso complessivo delle iscrizioni decresce continuamente, mentre la quota sul flusso delle cessazioni oscilla con variazioni modeste intorno al 33%. Considerando l’ultimo decennio, emerge che mentre nei primi quattro anni il valore medio delle nuove iscrizioni delle imprese artigiane, sempre considerando i relativi terzi trimestri, è stato pari a 27.794 unità, nei successivi sei anni – quelli della crisi – il valore medio delle nuove iscrizioni è sceso a 20.485 unità.

LE FORME GIURIDICHE

E’ proseguita anche nel trimestre da poco concluso la diffusione delle società di capitali. Esse hanno determinato da sole il 71,33% del saldo complessivo e hanno fatto registrare un tasso di crescita (0,80%) di circa tre volte più alto del tasso di crescita nazionale (0,27%). Le imprese individuali, che rappresentano il 54% delle imprese italiane, crescono poco in termini assoluti (hanno inciso solo per il 24,20% del saldo) e riducono, in modo molto graduale e con misure molto modeste, il proprio peso complessivo sul totale delle imprese. Le Società di persone, da tempo in netta flessione, presentano l’unico dato negativo, pari a -523 unità nel trimestre. Positivi i dati delle “Altre forme”, che peraltro incidono solo per il 3,41% sullo stock complessivo delle imprese.

Per quanto riguarda le imprese artigiane, se si esclude un andamento positivo per quelle che adottano la forma delle Società di capitali – che comunque rappresentano ancora solo il 4,7% del totale del comparto -, tutte le altre forme giuridiche mettono in luce saldi negativi.

Le dinamiche territoriali introducono, nel trimestre, modifiche modeste nel sistema delle imprese. Il maggiore elemento di rilievo è dato dal rapporto tra peso degli stock e importanza dei saldi. Il contributo delle circoscrizioni del Nord al saldo positivo è significativamente inferiore al peso dello stock: 37,99% contro un peso sul totale delle imprese pari al 45,45%. Il Mezzogiorno presenta un sostanziale allineamento: 32,02% il contributo alla formazione del saldo e il 32,89% a quella dello stock. L’eccezione è rappresentata dal Centro (soprattutto grazie alla prestazione del Lazio), che determina il 21,65% dello stock ma spiega il 29,99% del saldo, con una differenza fra le due diverse grandezze pari a 8,34 punti percentuali.

La situazione delle imprese artigiane a livello territoriale conferma la negatività già messa in luce. Tutte e quattro le circoscrizioni hanno fatto registrare un saldo e un tasso di crescita negativo. Si coglie comunque la diversa dinamica del Centro che determina solo il 2,47% del saldo negativo mentre incide per il 20,25% dello stock.

Tra le regioni, il risultato più positivo in termini assoluti è quello del Lazio (+3.330 imprese in più tra luglio e settembre), seguito dalla Lombardia (3.184) e dalla Campania (+2.084). In termini relativi il quadro non cambia aspetto e la più “prolifica” regione risulta sempre il Lazio (+0,53%) seguita questa volta da un terzetto ravvicinato composto da Campania (+0,37%), Trentino Alto Adige (+0,36) e Lombardia (+0,34).

 

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