Le esportazioni di formaggi e latticini italiani all’estero sono aumentate del 9 per cento per effetto della reputazione di alta qualità conquistata a livello internazionale che viene messa a rischio dalla liberalizzazione dell’uso di latte in polvere imposta dall’Unione Europa sotto il pressing delle lobby. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al primo trimestre del 2015, presentata in occasione della mobilitazione odierna di allevatori, casari e consumatori in piazza Montecitorio a difesa del Made in Italy per impedire il via libera in Italia al formaggio e allo yogurt senza latte che danneggia e inganna i consumatori, mette a rischio un patrimonio gastronomico custodito da generazioni, con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale.
A rischio c’è un settore che – sottolinea la Coldiretti – rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell’intera filiera, ma che svolge anche un ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali al pascolo.
“Nel Lazio – precisa il Direttore di Coldiretti Lazio Aldo Mattia – il rischio per il consumatore proviene soprattutto dalle importazioni di latte, latticini, formaggi e cagliate spesso anche congelate che finiscono in prodotti e derivati lattiero caseari di casa nostra. Alcuni numeri testimoniano l’importanza di vigilare sulle importazioni. Basti pensare che nel 2014 è stato importato oltre 1 milione di tonnellate di latte sfuso. A ciò si aggiunge che, sempre nel 2014, nel solo Lazio sono stati importati, dai Paesi dell’Unione Europea, latte e crema di latte per un valore di oltre 19 milioni di euro che ha avuto come destinazione, per quasi il 60% , la provincia di Latina. E’ interessante sottolineare che quasi il 50% di queste stesse importazioni nel Lazio, provengono dalla Germania per un valore che si avvicina ai 10 milioni di euro. Ma l’Italia ha importato anche, nel 2014, formaggi e latticini per un valore superiore a 1,2 miliardi di euro.
Nel Lazio tali importazioni ammontano ad un valore di 34 milioni di euro, riferito allo stesso periodo.
Queste importazioni di formaggi e latticini nel Lazio provengono per quasi il 100% dalla Germania – il paese dal quale importiamo anche le maggiori quantità di polvere di latte.”
In Italia – precisa la Coldiretti – sono sopravvissute appena 35mila stalle che hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente.
Il via libera alla polvere di latte significherebbe aumentare la dipendenza dall’estero con la chiusura delle stalle, la perdita di posti di lavoro e l’abbandono delle montagne dove il formaggio si fa con il latte vero. Per ogni 100.000 quintali di latte in polvere importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati solo in agricoltura, secondo una analisi della Coldiretti. Ma c’è anche un costo ambientale, perché il processo di trasformazione del latte in polvere in quello fresco comporta, per la re-idratazione, un elevato il consumo di acqua.
Con un chilo di latte in polvere si ottengono 10 litri di latte al prezzo di circa 20 centesimi al chilo che – sostiene la Coldiretti – è pari quasi alla metà di quanto costa agli allevatori produrre il latte fresco dall’allevamento con le mucche.
Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il “formaggio con la polvere” sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Nel Lazio la produzione di latte vaccino nel Lazio, è effettuata da 1.413 aziende e 54.048 vacche per una produzione commercializzata di 342.500 tonnellate fra consegne (97,2%) e vendite dirette (2,8%) Va sottolineato che tra il 2011/12 e il 2013/14 il numero delle imprese in produzione è calato del 5,9% mentre la produzione commercializzata del 2,6%.
“I veri obiettivi della Manifestazione- ha concluso Granieri -sono quelli di evitare il rischio che il mancato riconoscimento di una remunerazione adeguata agli allevatori provochi la chiusura delle stalle ma anche la delocalizzazione degli impianti di trasformazione con gravissime ripercussioni a livello occupazionale e per i cittadini/consumatori che saranno privati di prodotti insostituibili sul piano della qualità e della sicurezza alimentare. Ma sopratutto salvare il vero “Made in Italy” e gli allevamenti laziali dall’importazione di latte, sottoprodotti e surrogati da spacciare come italiani e per combattere le distorsioni nel passaggio del latte dalla stalla alla tavola”.
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